14 settembre, 2012

David Foster Wallace come esperienza religiosa



Leggete qua:


"Quasi tutti quelli che amano il tennis e seguono i tornei maschili in televisione avranno sperimentato, negli ultimi anni, uno di quelli che potrebbero essere definiti "Momenti Federer". Ci sono delle volte, quando guardi giocare il giovane tennista svizzero, in cui la mascella scende giù, gli occhi si proiettano in avanti ed emetti suoni che inducono il coniuge nell' altra stanza a venire a vedere se ti è successo qualcosa. Questi Momenti Federer sono ancora più intensi se hai abbastanza esperienza diretta di gioco da comprendere l' impossibilità di quanto gli hai appena visto fare. Tutti possiamo citare qualche esempio. Questo è uno. Finale dello US Open 2005, Federer contro Agassi, siamo all' inizio del quarto set, Federer ha il servizio. C' è uno scambio piuttosto lungo di colpi da fondocampo, con il caratteristico andamento a farfalla del tennis da picchiatori che predomina ai giorni nostri, con Federer e Agassi impegnati ognuno dei due a far correre l' avversario da un lato all' altro del campo, cercando di trovare il colpo vincente fino a quando, improvvisamente, Agassi tira fuori un potente rovescio incrociato che costringe Federer a decentrarsi alla sua sinistra: ci arriva, in allungamento col rovescio, ma il tiro esce corto e tagliato, mezzo metro oltre la linea di battuta, una di quelle situazioni in cui Agassi va a nozze, e mentre Federer si scalmana per cambiare direzione e recuperare la posizione centrale, Agassi si fa sotto per prendere la palla corta di controbalzo e la scaglia con forza nello stesso angolo di prima, per cercare di prendere Federer in contropiede, e in effetti ci riesce: Federer è ancora vicino all' angolo, ma sta correndo verso il centro, e la palla ora è diretta verso un punto dietro di lui, dove stava appena un attimo fa, e non c' è tempo di girare il corpo, e Agassi segue il colpo scendendo a rete sul rovescio~ ed ecco che Federer, non si sa come, riesce a invertire istantaneamente la spinta, arretra di tre o quattro passi quasi saltellando, a velocità impossibile, e colpisce la palla di diritto sul suo lato di rovescio, con tutto il peso spostato all' indietro, e quel diritto è un topspin lungolinea da urlo, e Agassi, sceso a rete, si protende per cercare di intercettarlo, ma la palla lo supera, corre lungo la linea e va a atterrare esattamente sull' angolo destro del campo di Agassi, conquistando il punto, con Federer che ancora sta danzando all' indietro quando la palla tocca terra. E poi segue quel consueto, breve secondo di silenzio attonito prima che la folla newyorchese esploda, e in tv John McEnroe, con il suo auricolare da commentatore in testa, che dice (più che altro a se stesso, sembra): «Come ha fatto a far punto da quella posizione?». E ha ragione: considerando la posizione di Agassi e la sua straordinaria velocità, Federer doveva indirizzare la palla dentro un corridoio largo cinque centimetri se voleva superarlo, ed è quello che ha fatto, muovendosi all' indietro, senza tempo per preparare il colpo, e senza poter sfruttare il peso del corpo per imprimergli potenza. Era impossibile. Era una roba alla Matrix. Non so che razza di suoni siano usciti dalla mia bocca, ma la mia consorte dice di essere accorsa nella stanza e di aver trovato il divano pieno di popcorn e il sottoscritto in ginocchio, con gli occhi che sembravano quelli finti a palla che si trovano nei negozi di cianfrusaglie. Questo è un esempio di Momenti Federer, ed era solo in tivù, e la verità è che il tennis in tivù sta al tennis dal vivo più o meno come il video porno sta alla realtà percepita dell' amore umano."


Ora guardate questo, minuto 1:57:




Amen.


(Testo, in una traduzione a mio avviso pessima, preso qui. Mica ve la potevo riscrivere dal mio libro)


07 settembre, 2012

Un passo dopo l'altro


Mi alzo dal tavolo, saluto tutti e me ne vado.
Prima di arrivare all'uscita saluto un altro tavolo stringo con poca forza mani che non conosco e filo via.
Sono fuori dalla birreria.
Nonostante sia una serata mite fuori c'è poca gente.
Cammino lontano.
Ho la mente vuota, ma non sono tranquillo, c'è qualcosa che non mi fa star bene, ma non so cosa.
Una coppia parla e ride alla mia destra.
Le mie scarpe con la suola di gomma fanno uno strano suono.
La cosa mi infastidisce non poco.
Un suono che per spiegare servirebbe un onomatopea da fumetti.
Ed io di fumetti non ne ho mai letti.
Passeggio a fianco di macchine parcheggiate, mi sembra di vederci gente dentro.
Non è così.
Mi avvicino a dei ragazzi che camminano nella mia stessa direzione.
Due di loro, una ragazza e un ragazzo, sono più dietro.
Colpa dei suoi tacchi modello Twin Towers, quando ancora non erano polvere. Dio quanto sono lenti.
Ma lei tenta di spiegare che "Le scarpe sono comode".
Vorrei dirle "Sì certo Ciccia come no".
Non lo faccio e vado avanti.
Supero anche gli altri, non vedevo l'ora di farlo.
Volto l'angolo. I lampioni inondano il vicolo di luce gialla.
In cima alla scalinata mezza città parla e beve davanti ad un locale.
Staranno lì per non so quante ore.
Ma io continuo a camminare, ora sono solo, ma sento un fischio alle mie spalle.
Penso subito che qualcuno mi stia prendendo in giro, forse sto camminando come un cretino.
Risento il fischio, sì ce l'hanno con me, stavolta ne sono certo.
O forse sono troppo egocentrico.
Arrivo in piazza, un ragazzo butta all'aria un urlo e fa una mossa alla Michael Jackson. Un attimo dopo un amico tira fuori il cellulare, da cui escono le note di Smooth Criminal. Siamo a posto.
Svolto a sinistra e schizzo verso il corso.
Nonostante sia sabato sera vedo poca gente.
Sulla mia sinistra sfilano vetrine di negozi che non ho mai frequentato.
In quella di una libreria c'è un libro di Steve Jobs che si accarezza il pizzetto vicino a un libro su Gesù e penso immediatamente che qualcosa in questo mondo non vada.
Altri passi, altra vetrina.
Boutique di scarpe che la gente compra per sembrare migliore, ma quando esci da lì con il tuo paio supercostoso sei lo stesso coglione di sempre.
Attraverso la strada, una macchina passa prima di me.
Sono a metà strada.
Continuo a camminare.
Ancora un bar pieno di gente, poi un altro più affollato.
Cosa ci sarà di così divertente nello stare tutta la sera buttati in un bar.
Non alzo lo sguardo quasi mai, quando lo faccio vedo una ragazza che cammina dritta davanti a me.
Mi sembra che stia scappando anche lei da qualcosa, me ne innamoro senza nemmeno averla vista in faccia.
Capelli biondi, passo svelto nonostante un discutibile pantalone a zampa d'elefante.
Penso che potremmo essere quasi simili se non uguali.
Magari anche lei corre e osserva, guarda fuori e chiude gli occhi.
Quello che vede non le piace, magari anche lei scriverà da qualche parte di quando stava camminando e incrociava gente.
Penso di essere pazzo.
A un tratto la ragazza gira a sinistra,  non la guardo nemmeno per un secondo.
Continuo a camminare avanti.
Non la ricordo già più.
Altro bar.
Distributore di sigarette.
Macchina parcheggiata che monta un alettone posteriore e scritte ovunque.
Disgusto.
Devo sbrigarmi.
Ma per cosa?

Sono arrivato in macchina.
Chiusura centralizzata.
Entro.
Metto in moto, niente.
Rigiro la chiave, stavolta parte.
Metto la prima, controllo la strada, esco dal parcheggio, la macchina si mette in moto e scorre sull'asfalto.
Io sono al suo interno.
Fermo.