16 aprile, 2013

Palloncino


L'amore me lo immagino un po'come un palloncino.
Un palloncino di quelli gonfiati ad elio, che ti riporti a casa dopo una noiosa festa di compleanno.
Appena lo lasci fugge via, spinge contro il soffitto, vorrebbe scappare da quelle quattro mura, ma non può, è il massimo che può avere, lì, chiuso in una stanza.
Resta fermo per un po', tutto in tiro, colorato, brillante, riesce a sorreggere qualsiasi peso, persino il nastro rosso a cui è legato.
Niente lo turba.
Ci giochi gli dai una spinta lo agiti lo abbassi, ma lui ritorna sempre su.
Niente lo turba.
Il giorno dopo è qualche centimetro più in basso, ma sempre in aria, dove tu non sei mai stato e non sarai mai. A stento ci fai caso.
Il secondo giorno sempre più nastro tocca il pavimento freddo e appena lucidato.
Il terzo non lo vedi più, è dietro chissà quale mobile e comunque non hai tempo per dargli un'occhiata, hai altro a cui pensare e praticamente te ne dimentichi.
Nei giorni successivi la tua vita va avanti un po'come sempre, nulla a che vedere con un palloncino sospeso nell'aria.
Passano mesi, il palloncino è ormai ridotto in fin di vita, lo trovi sotto il letto, bruno, pieno di polvere, raggrinzito che ti schifi persino a toccarlo.
Mantiene ancora quel po'd'aria al suo interno, quel tanto che basta per farlo rientrare nella specie "Palloncino".
Nella tua casa non c'è più spazio per lui, è il momento di liberarsene.
Lo prendi, tagli da dove qualcuno l'aveva legato per chiuderlo e lo getti nell'indifferenziato.

La stanza è vuota.

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